Covid-19 e letteratura: i racconti dal balcone.
Il “buon” vicinato, si sa, è cosa rara. Da che ho memoria, le riunioni di condominio sono delle faide infinite, tra co-residenti di uno stesso edificio. E, nelle città italiane, sono spesso chiassose, dato che i palazzi sono giganteschi formicai. Di rado ho assistito a riunioni pacifiche, di rado ho incontrato vicini piacevoli e, in un solo caso, amici. Ma… c’è un ma.
Il lockdown, la chiusura forzata dovuta al Covid-19, per ridurre il contagio da coronavirus, sta obbligandoci a riscoprire il vicinato. Stavolta, buono per davvero.
Sì, perché se soltanto due mesi fa non sapevo nemmeno come si chiamasse il mio dirimpettaio, lo salutavo per educazione in quelle rare volte in cui ci incrociavamo (dati i ritmi serrati della vita quotidiana), adesso invece mi sono riscoperta una gran chiacchierona.
E, sembra, che le chiacchierate dal balcone stanno diventando sempre più diffuse, in un’Italia ancora persa nell’incertezza del futuro. Si vive nel presente, nelle proprie case, si riscoprono vecchi e nuovi rapporti, ci si parla per davvero, sebbene a uno o due piani di altezza diversa, invece che tramite smartphone.
Il che è arrivato alle orecchie di molti autori ed editori, tanto che si stanno diffondendo moltissimi “racconti dal balcone”, anche di autori affermati. Un modo per fare narrativa che spiega come le storie, forse le più vere, vengono dal proprio vissuto quotidiano: inutile cercare una trama chissà dove, lontano nel mondo, quando basta soltanto aprire una finestra.
I diritti d’autore, in moltissimi casi, sono anche devoluti in beneficienza, il che mostra come la scrittura, oltre a essere terapeutica e un passatempo, può anche essere davvero utile.
Quindi, come sempre, buona lettura e… buone chiacchierate dal balcone, anche nei prossimi mesi perché, certe volte, un vicino può essere anche un “buon” amico.