Diatriba arte vs guadagno. E se, invece…
Si sa che in Italia è difficile “vivere” grazie ai diritti di autore (così come alle rendite di qualunque forma di arte). Fare della cultura la propria forma di reddito, pagarci tutti i conti e guadagnarci pare oggi un miraggio. Tassazioni inique, leggi di parte e mancate tutele sono all’ordine del giorno, purtroppo.
Eppure, come suggerisce J.L. Marshall, un moderno guru della comunicazione e del marketing, un pubblico è necessario a tutti, piccolo o grande che sia. Dal momento in cui nasce un’idea nella testa (pescata chissà dove), lo scrittore o l’artista cerca un pubblico a cui donarla. E, in cuor suo, spera che sia il più ampio possibile.
Qualche autore, forte delle sue abilità comunicative, ha pensato di mettersi “in proprio”, auto-pubblicandosi. Di sicuro, non divide i diritti con nessuno, se non i canali distributivi (ad esempio, Amazon). Qualche altro, addirittura, ha aperto un proprio marchio editoriale soltanto per poter guadagnare di più. La fatica di doversi promuovere da soli, comunque, spaventa la maggior parte degli autori che conosco, sono in pochissimi coloro che davvero riescono a “portare a casa la pagnotta”, facendo quindi della scrittura un mestiere, piuttosto che un semplice hobby.
Come fare, quindi, per avvicinare i lettori? Un modo è quello di lavorare così tanto, imparare sempre di più da rendere le regole di scrittura (sia grammaticali, sia convenzionali e moderne) parte del quotidiano. Fatto questo, dopo che un certo grado di professionalità sia stato raggiunto, è importante usarlo a proprio piacimento, seguendo sì le regole, ma anche stravolgendone, anzi sfruttandole in base alle proprie sensibilità e vita vissuta.
Diventa essenziale poi ipotizzare sin da subito il tipo di pubblico di riferimento, iniziare a conoscerlo studiando ciò che legge e le sue abitudini quotidiane. Perché entrare nel quotidiano di queste persone è ciò che fa la differenza tra chi è solo artista per se stesso, e chi è artista E anche manager di se stesso.
Infine, consiglio agli autori o aspiranti tali di “metterci la faccia”, presenziare a eventi e dibattiti sull’editoria, frequentare fiere e occasioni di scambio, conoscere il settore anche nel dietro le quinte, piuttosto che solo come mondo affascinante delle vetrine e dei marchi editoriali blasonati.
La diatriba ‘O è arte, O è guadagno’, secondo me non ha senso, nella misura in cui è possibile pensare ad ‘arte E guadagno’ insieme, sin dal momento in cui nasce l’idea. In fondo, chi non ha mai tenuto un diario segreto? E, sempre in fondo, chi non ha mai voluto che fosse letto sul serio, magari da quella persona a cui ci si rivolgeva, con tanto di patema d’animo incluso?
Voi che ne pensate? Io, personalmente, voglio fare della mia arte anche un guadagno, oltre che un piacere e un divertimento.